Post di: Mauro
Edera
Il caldo è soffocante, questa sera. La birra mi fissa, tiepida, e mi invita ripetutamente a sorseggiarla. Osservo gli altri clienti, come si muovono, ascolto quello che dicono. Sono ad un tavolino all’esterno, da qui è possibile vedere il lungomare, il molo, gli altri bar, il flusso costante di gente che passa e cessa di esistere. Sono solo. Le comitive mi scrutano diffidenti, una persona che beve da sola fa questo effetto. Poi arriva lei. È sola. Si siede al tavolino di fronte. Ha una birra come la mia. Mi dà le spalle e guarda i passanti. Passiamo la serata così; poi, arrivata l’ora, mi alzo, butto la bottiglia nel cestino e m’incammino verso la macchina. EDERA La sera dopo sono ancora qui. La gente non finirà mai di incuriosirmi. Fa cose strane, e fa di tutto per non pensarci. Ho imparato a leggere i loro volti. Non sanno dove andare, e se ci vanno non sanno perché. C’è di nuovo lei. Si siede e osserva. Mi fa paura, quasi quanto me stesso. Una macchinetta a pochi metri di distanza ripete ad intervalli di qualche minuto: “Ciao, i miei test ti aiuteranno a conoscere qualcosa di più della tua personalità”. Mi piace, è rassicurante e mi diverte. La macchinetta si gira verso di me, mi guarda e dice: “Sei sicuro di voler sapere?”. Avvicino la bottiglia alla bocca. Proprio in quest’istante lei si volta e mi guarda. E anch’io mi vedo: ho un’espressione stupida. Si alza e viene verso di me. — Facciamo due passi? — dice — qui non si respira. Mi alzo e ci avviamo verso il molo. Dopo un po’ dico: — È difficile trovare una persona con cui condividere il silenzio. — Allora sta’ zitto. Camminiamo piano sulla spiaggia,...
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Ombrellone 109
È l’alba, Duemme passeggia sulla spiaggia. Un cane randagio fissa l’orizzonte. Duemme si avvicina. — Ciao. Il cane si volta. Duemme gli si siede accanto, sulla sabbia umida. — Cosa fai? — domanda al cane. — Fisso l’orizzonte, non hai letto? No, in realtà penso. Essendo un cane non posso formulare concetti razionali come gli umani, però esercito spesso la memoria e quindi posso sembrare un gran pensatore. In questo momento cercavo di ricordare la storia dell’uomo che una mattina all’alba prende la barca e va per mare, senza fare più ritorno. La sua donna, che lo ama più di qualunque altra cosa al mondo, perde ogni interesse per la vita e si chiude nella loro casa, costruita sulla spiaggia. Una notte senza luna la donna sente l’impulso di entrare in acqua; il mare è una tavola nera. La donna rimane incinta. Inoltre richiamavo alla memoria i colori dei costumi da bagno che andavano l’anno scorso. — L’anno scorso? Arancione e verde. Duemme si accende una sigaretta. — Si sta proprio bene qui — dice. — La spiaggia è la zona franca, il confine tra razionale e ignoto per voi umani, un posto come gli altri per noi cani. Qui non c’è niente da difendere o preservare se non se stessi. Quando il mare è agitato insegna le raffinate tecniche dell’equilibrio, l’arte di applicare forze uguali e contrarie, azione e reazione. Infonde il coraggio di accettare serenamente quello che succederà. Quando il mare è calmo insegna a vivere il lato buono di ogni cosa, a leggere i colori, a scivolare, a trovare la maniera neutra che possa andar bene in ogni circostanza, che nulla è assoluto, e a guardare sempre negli occhi tutti e tutto. — La sai lunga, cane, altro che memoria. — Leggo la sabbia....